Non sono momenti felici per l’industria dell’automobile europea.
E’ da tanto che se ne scrive, nonostante conti economici molto positivi che buttano fumo negli occhi con la complicità della velenosa ma accattivante ciliegina del passaggio dai motori termici a quelli elettrici, per il nobile proposito di essere più amici dell’ambiente.
L’industria automobilistica europea, leader incontrastata ed esempio virtuoso nell’ultimo ventennio, ora oltre a perdere volumi produttivi, se la sta passando molto male anche sui prodotti perché sempre più poveri e sempre meno evoluti tecnologicamente, con fortissime dipendenze da fornitori extra UE.
L’elettrificazione ha messo l’industria automobilistica europea in ginocchio e con essa tutto l’indotto che ci ruota attorno. Ma attenzione a farne le spese iniziano ad essere anche i consumatori con mancanza di prodotto, prezzi alle stelle e tecnologia di bassissimo livello, per di più con prodotti più energivori! Quindi oltre al danno la beffa. Mai dimenticare che le vetture più vendute in Europa potevano percorrere anche 100 chilometri con soli 3 litri quando le giapponesi ne chiedevano almeno 5, le americane il triplo, 15 litri, e le elettriche oggi tanto osannate abbisognano almeno di 20 kWh.
Overmobility è da tempo che denuncia errori e mancanze e oggi arriva un’altra conferma di quanto sia in difficoltà l’Europa della mobilità: il salone dell’automobile di Ginevra nel 2023 non si farà nella città elvetica ma migrerà a Doha in Qatar, proprio perché l’industria europea non risponde alla chiamata. La scusa ufficiale comunicata dal presidente della società che gestisce la manifestazione elvetica, Maurice Turrettini, è politica e non poteva essere altrimenti conoscendo l’uomo e i suoi limiti: "A causa delle incertezze dell'economia globale e della geopolitica, nonché dei rischi legati allo sviluppo della pandemia, gli organizzatori hanno deciso di concentrarsi esclusivamente sulla pianificazione dell'evento di Doha nel 2023”. Ma i motivi sono tutt’altri.
Per decenni il salone dell’automobile di Ginevra è stato vitale per l’industria europea e non solo. Gli americani che l’hanno anche tante volte snobbato come gli asiatici oggi gongolano e nessuno da noi in Europa sembra preoccuparsene.
I top manager delle Case automobilistiche europee accecati solo dalla finanza e dall’assecondare una politica europea miope e impreparata, dimostrano ancora una volta di essere dei bravissimi ruffiani di corte pronti a sacrificare tutto quanto hanno costruito i loro predecessori e senza alcuna morale verso la società in cui vivono. Non dimentichiamoci cosa costava una piccola, meno di 10 mila euro, e cosa costa oggi, almeno 15 mila e cosa costerà più di 20 mila euro; quindi limitando l’accesso alla mobilità a molti. Ma anche non dimentichiamoci che in questi anni è passato il concetto di cambiare auto spesso, con la scusa delle limitazioni alla mobilità in base alle normative antinquinamento in molte città, spingendo a più produzione e quindi più impatto ambientale e mandando al macero auto ancora in perfetta efficienza, il tutto sempre con una classe politica più attenta al bene di pochi che di molti. Folle non poter circolare a Milano con una Panda diesel da 4 litri per 100 chilometri e invece poter circolare con una Porsche Cayenne ibrida o una Tesla Y che brucia più del doppio di energia per muoversi!
E’ davvero un momento tristissimo per il mondo della mobilità nel Vecchio Continente.
Una volta a Ginevra bastavano Lancia, Alfa Romeo, Fiat e un pugno di nobili carrozzieri italiani per far muovere francesi e tedeschi verso la terra elvetica per mostrare i loro lavori agli occhi del mondo. Erano osannati e veri esempi: ricordiamo la saga Panda, la Delta, la 164… e in tempi meno recenti l’Alfetta che aveva con il suo De Dion una distribuzione dei pesi più equilibrata per una tenuta di strada nettamente superiore alle BMW le quali come le Porsche per eguagliarla dovevano mettere dei sacchi di sabbia nel baule! Per non parlare anche del design, esemplare quello degli italiani. Michelotti serviva BMW, Volkswagen quando ha dovuto dar vita all’erede del Maggiolino si è rivolto all’italiano Giugiaro….
Oggi Bertone non esiste più, Pininfarina è stata relegata in un angolino (pensate solo al periodo di Andrea Pininfarina negli anni duemila che era riuscito a produrre vetture Mitsubishi, Ford, Opel…in Italia o al padre con le operazioni Cadillac per non dimenticare i capolavori di Pinin, il nonno di Andrea) ma soprattutto Lancia vende solo in Italia e ha un solo modello, la Ypsilon (buttate nel cestino la Thema, la Delta….); Alfa Romeo è ai minimi storici la metà di quanto produceva negli anni settanta quando era dell’IRI e la gamma Fiat è ridotta a quattro modelli in croce!
Insomma, l’Italia dell’auto, esclusa Ferrari, è ai minimi storici.
Ma il punto è che anche l’industria tedesca ora non se la passa bene e ne è dimostrazione che il N.1 Diess ha lasciato la posizione in fretta e furia, come avevamo sempre detto non era all’altezza. E per chi di tecnica automobilistica ne capisce non poteva essere altrimenti davanti a prodotti di bassissima qualità e tecnicamente involuti. Diess ha avvallato la Volkswagen ID3, auto che doveva essere la bandiera dell’efficienza e della sicurezza ma che essendo più alta e larga della Golf è più energivora e con sospensioni e freni basici (dietro ha i tamburi che nemmeno la Lupo usava). Il problema è che Diess purtroppo è rimasto al timone della Volkswagen per troppo tempo, facendo perdere il treno. E ora ce ne vuole uno più veloce per raggiungerlo e superarlo ma dall'oggi al domani non si fa nulla nell'industria dell'auto. Lo stesso vale per tanti altri tedeschi che hanno sempre al comando uomini non degni di quelli che li hanno preceduti.
Tant’è che oggi cosa potrebbero andare a presentare i tedeschi a un salone? Una batteria prodotta in Corea? O un motore elettrico di tecnologia ultra centenaria? O un inverter costruito in Cina? Meglio quindi non andare, evitarli come la peste ma anche cancellare qualsiasi possibilità di confronto con chi nell’auto ha conoscenze tecniche e storiche, come appunto stanno facendo. Meglio affidarsi a vuoti megafoni e politici compiacenti.
I tempi in cui l’industria automobilistica europea lanciava sul mercato testate a doppia accensione, quattro valvole per cilindri, turbine a geometria variabile, sistemi ad alta pressione tutti figli dell’ingegno europeo e delle sue maestranze è stato buttato alle ortiche. I raffinatissimi iniettori piezolettrici della Siemens non servono più. I precisi cambi della ZF diventano anacronistici. Il sistema common rail della Bosch inutile! Le raffinate sospensioni multilink che sono sì costose ma regalano una tenuta di strada superiore, buttate nel cestino!! A proposito di sospensioni e ancora d’industria dell’auto europea: presto un produttore di supercar presenterà la nuova generazione del suo modello iconico. Tutti ne decanteranno lodi sperticate ma non avrà più sospensioni push road. A ulteriore conferma di dove stiamo andando: agli inferi. Come l’industria automobilistica americana degli anni settanta che risultò fallimentare, tutto impegnata solo a far auto tante chiacchere e nessun distintivo, o meglio zero sostanza e tanto fumo. Auto da 55 miglie che consumavano come petroliere e avevano un comfort da giostra delle montagne russe.
Hanno vinto gli asiatici, capaci di copiare e di imporre i loro prodotti a un consumatore poco dotto. A Ginevra i giapponesi li si ricorda con le loro macchinette fotografiche, tutti sempre impegnati a immortalare per poi tentare di fare con risultati pessimi. Non dimentichiamoci mai i Diesel di Toyota e Mazda ma anche Nissan e Honda. Non sono mai riusciti a fare un motore che eguagliasse, attenzione non superasse, quelli europei. Honda dovette ricorrere a un 2,2 litri per raggiungere la potenza del 1.9 TDI di Volkswagen con consumi superiore di un 20% e rispetto al 2,1 litri Mercedes che faceva 400 mila chilometri senza problemi l'Honda era meno potente di 10 cavalli.
E gli americani? Da sempre rimasti all’era della pietra con motori esagerati ad aste e bilancieri e per la loro arretratezza tecnologica impresentabili fino al cambio della tecnologia con il ritorno all’antico, il motore elettrico, oggi grazie ai soldi di internet spadroneggiano e insistono su un motore che in cento anni non ha conosciuto gran cambiamenti e oggi torna a servire un automobile fortemente energivora tutti convinti che tanto con i soldi si può fare tutto.
La politica europea deve cambiare ma deve cambiare soprattutto la testa dei manager e degli azionisti nonché dei consumatori: si deve tornare al prodotto e alla libertà tecnologica dove sono i numeri correttamente contati a fare il risultato. Solo così si tornerà ad avere un’industria europea e dei prodotti europei punto di riferimento per un mondo davvero migliore oltre a un salone di Ginevra, meta per molti di sogni ma anche per tanti di bilancia severa per capire la forma di ognuno per poter dire cosa sia buono e cosa sia cattivo.