Il mondo corre alla velocità della luce ma non l’Europa.
Rigida ed algida come una vecchia signora di un tempo, l’Europa persiste sulle sue oramai arcaiche convinzioni di essere d’esempio per un mondo che non se la fila, tra burocrati, spicci interessi nazionali ma soprattutto visioni e conoscenze molto limitate delle classe politica.
Nel Vecchio Continente il settore automotive ha registrato: chiusura di diversi stabilimenti, a partire da quello di Bruxelles dell'Audi, simbolo delle auto elettriche in Europa a impatto zero; continui annunci di licenziamenti, VW, Bosch, Ford...; una perdita netta di competitività del settore a favore degli asiastici che continuano a conquistare quote di mercato; fortissime contrazioni sull'indotto; criticità sulla rete distributiva elettrica; costi dei vettori energetici in altalena con anche problematiche di approvvigionamento. E tante auto sulle strade, come le plug in, che quando si usano per più di 100 chilometri senza rifornirle di energia elettrica, arrivano ad emettere anche il triplo di Co2 di quello che dichiarano!!!
Dopo due anni di evidente difficoltà l'Europa risponde attraverso la Commissione con l’atteso pacchetto dedicato al comparto automotive, devastato dalla decisione presa per legge nel 2023 di poter vendere dal 2035 solo nuove auto elettriche nel Vecchio Continente.
Nella proposta presentata, che dovrà essere negoziata tra Parlamento e Consiglio, non hanno aperto una porta ai motori termici come molti dicono, ma solo un piccolissimo spiraglio. E con una mole di regole e regolette da far venire il mal di testa.
Entrando nel merito, la Commissione propone una revisione delle decisioni prese nel 2023 ma impone ancora un obiettivo del 90% e lascia un restante 10% che dovrà tra l’altro essere compensato mediante uso di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’Unione oppure attraverso risparmio di emissioni con carburanti come e-fuel e biocarburanti. E attenzione, questi saranno contabilizzati come crediti con quote del 3 e del 7%.
“Ciò consentirà ai veicoli ibridi plug-in (Phev), ai veicoli con range extender (Erev), ai veicoli mild hybrid e a quelli con motore a combustione interna di continuare a svolgere un ruolo anche dopo il 2035, insieme ai veicoli completamente elettrici (EV) e a idrogeno", comunica la Commissione, che cita ancora l’idrogeno come possibilità realistica quando tutti sappiamo che non è così, perché manca tutto: fabbriche, prodotti, distributori… evidenziando ancora una volta una distanza siderale dal reale.
Ma attenzione, nel pacchetto c’è anche il tema delle E-Car, la nuova categoria di piccole-medie elettriche dal prezzo accessibile, portate come ingombro a 420 cm, e quindi facendo rientrare molti modelli come anche l’appena nata Renault Twingo elettrica. Ma ancora attenzione: anche qui hanno introdotto il tema dei crediti, in questo caso definiti addirittura super!
Nel pacchetto ci sono anche fiumi di denaro per le fabbriche di batterie nella UE, ben oltre il miliardo, che fanno gola a molti Paesi come la Spagna ma anche la Francia. Quindi nonostante il fiasco di Northvolt si persiste sul facciamo le batterie in Europa non ponendosi nemmeno il dubbio di avere impianti di assemblaggio o impianti di produzione completa. Cosa difficile se non impossibile vista la tecnologia e le materie prime in mano ad altri. Che senso ha fare fabbriche cacciavite che dipendono da terzi?
Ricordiamo che Northvolt era una promessa svedese per le batterie nella UE che ha affrontato un fallimento dopo aver raccolto miliardi di euro e sussidi da UE e governi, ed è un simbolo delle difficoltà europee nell'autosufficienza energetica, con l'acquisizione delle sue attività chiave da parte della statunitense Lyten. Nonostante ingenti investimenti e partnership strategiche (come BMW e Volkswagen), problemi gestionali, cancellazioni di ordini e perdite hanno portato alla liquidazione, evidenziando le sfide nel competere con le potenze asiatiche e americane, nonostante gli aiuti di Stato europei.
Nel pacchetto, non paghi, le teste della Commissione hanno messo anche regole per le flotte aziendali e il trasporto commerciale.
Secondo il responsabile dei Trasporti, Apostolos Tzizikostas: “La riduzione degli obiettivi di CO2 dal 100% al 90% consentirà flessibilità al mercato: pensiamo che circa il 30-35% delle auto saranno non elettriche, ma con tecnologie diverse, come motori a combustione interna, ibride plug-in o con range extender o qualsiasi altra tecnologia che potrebbe emergere oggi nei prossimi 10 anni". E questa affermazione evidenzia l’assoluta mancanza di conoscenza del settore, perché in un lassò di tempo così ridotto si rischia solo di mettere sul mercato prodotti la cui vita può essere molto breve e soprattutto assolutamente non competitivi.
Nella proposta c’è chi ride chi piange, per i limiti che emergono leggendo per bene il documento e che lasciano presupporre l’affondamento finale, sia per la complessità con le quote sia per il persistere nell’indicare le tecnologie, elettrico, plug in e range extendeer, idrogeno… quindi non seguendo per nulla quello che tutti chiedevano: neutralità tecnologica.
Il risultato? Nessuno è contento: i verdi si lamentano, la lobby degli elettrici pure come quella dei termici e dell’oil.
L’industria continua a lanciare allarmi di una deindustrializzazione mai tanto rapida come quella in essere oggi. Ma a Bruxelles si continua a ballare, come sul Titanic.