Fca e Renault si guardano dentro
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28 maggio 2019

che storia sarà tra FCA e Renault

Se saranno fiori d’arancio tra italoamericani e francesi ancora non si sa.  Diciamo che i due iniziano a guardarsi con più interesse. Anche perchè dietro di loro ci sono suoceri attenti, anche un po’ invadenti: i loro Stati d’origine.
 
Sull’intenzione di maritarsi di FCA con Renault si sente di tutto. A partire che i giapponesi vogliono stare alla larga da questa operazione perchè non vedono bene questi ammiccamenti. E se fosse confermato, significherebbe che fra giapponesi e francesi non c’è più… amore. Per questo la proposta di FCA è stata presa in grande considerazione da Renault: anche per cercare di ingelosire gli occhi a mandorla! 
 
Nel frattempo i governi di Francia e Italia sono usciti allo scoperto salendo sul carro della possibile unione FCA-Renault dando il loro assenso, senza però capire bene cosa comporti, a partire dalla sede (che dovrebbe essere in Olanda) e dai  ruoli dei governi. Il governo francese possiede già quote di Renault, quello italiano si dice pronto a qualsiasi ipotesi, facendo intravedere persino la sua disponibilità ad un ingresso! I due si stanno solo guardando e la politica li vuole già mettere in camera insieme, offrendosi pure di pagare la stanza!!! Che tempi...
 
Ma al di là della politica istigatrice, questo interessamento fa davvero molto piacere ai francesi, perché ora possono fare i pavoni sia in patria con il Gruppo rivale PSA, sia in Giappone dove il loro Ceo era stato messo dietro le sbarre, obbligando a un cambio di governance di cui hanno approfittato un po’ tutti.  
 
I francesi di Renault oggi ricordano come già nel passato hanno fatto del bene a marchi del Gruppo FCA. Jeep&Renault ai tempi del piccolo Cherokee (1982); Alfa Romeo&Renault con la Dauphine…come dire che: "le famiglie si piacciono".
 
L’ideona è quella di metterle insieme e dividere al 50%. Così si avrà un Gruppo da 8.7 ml di veicoli l’anno, con 170 mld di euro come ricavi con un utile operativo attorno ai 10 mld e netto di 8 mld che è un po’ più del 5%.
 
L’unione di FCA con Renault, se avverrà, non sarà comunque indolore già dopo pochissimi anni. Perché i due hanno prodotti simili, che dovranno sistemare facendo attenta selezione, inoltre non sono molto tecnologici, non sono certo dei "nativi digitali" come gli americani o i cinesi. E questo li penalizza non poco. Come pagano lo scarso impegno in Cina e India. Però non va dimenticato che sia Renault sia FCA da sempre sono abituate a stare sull’altalena, nel senso che a periodi di crisi profonda,  è sufficiente un solo modello riuscito e innovativo per risalire la china. E’ stato così con il fenomeno Clio per Renault, Punto con Fiat, quindi in un mondo che prevede offerte concentrate potrebbe essere un vantaggio. Domani se si farà, faranno solo una Cliopunto, questo è indubbio. Ma al di là della razionalizzazione delle rispettive gamme che la finanza premia sempre, bisognerà capire di cosa il mondo necessiterà perché nella tempesta in cui oggi tutti i costruttori automobilistici si trovano a navigare nessuno lo ha ancora capito e qui sta la vera incognita che può far naufragare anche l’amore più bello o portarlo in una isola felice.

Giusto sessant’anni fa usciva dagli stabilimenti Alfa Romeo del Portello una Renault, la Dauphine, figlia del rapporto del 1958 avuto per evitare i dazi a cui erano sottoposte le vetture d'importazione ma anche per aggiungere alla gamma del Biscione un modello di basso costo. L’Alfa Romeo-Renault Dauphine veniva offerta a 750 mila lire e non fu ben vista da Fiat e dagli Agnelli perché metteva l’azienda dell’IRI in concorrenza con la Casa torinese, che sulle auto popolari viveva e incrementava il suo business. Allora la più piccola delle Alfa era la Giulietta, Fiat faceva gran cassa con la 600 e era appena partita la 500. Giusto sessant’anni fa c’erano quindi i problemi dei dazi, come oggi; c’erano politici che entravano a gamba tesa sul mercato; c’erano interessi di pochi che prevalevano sugli interessi dei più e della collettività. Insomma, oggi è come ieri ma con una profonda differenza: allora vi erano certezze su quello che il mercato chiedeva e si poteva investire e produrre, oggi invece no secondo la teoria del Cigno Nero, tanto cara a Marchionne. E con l'aggiunta che oggi ci sono cinesi, indiani e africani che hanno pretese, si sono mossi in tempo e agiscono con piani a lungo termine in virtù dei loro miliardi contro i nostri milioni. 


 

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